Dal Vangelo secondo Matteo (4, 12-13)
Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo
Is 8, 23b-9,3
Sal 27
1 Cor 1, 10-13.17
Mt 4, 12-13
Quella passione d’amore da ricercare in noi stessi
Il Vangelo di oggi ci parla dei momenti di gioia di Gesù, quando egli cominciava a camminare tra il suo popolo come profeta. Dio è per lui una esperienza di gioia: e gli uomini sembrano tutti amici nella giovinezza della profezia. Basta dire a dei pescatori: «vieni e seguimi» e subito loro abbandonano barche e reti. Il messaggio pare dolce, rivolto a tutti: convertitevi, il regno dei cieli è vicino. In Galilea Gesù non aveva a che fare con i sapienti e i potenti, non con i farisei e i sacerdoti, non con il mondo della legge e del sacro. Risiedevano gli uni e gli altri, farisei, scribi e sadducei a Gerusalemme, la città unica, la città santa del re Davide, del tempio di Dio, del magistero della sinagoga, della fresca potenza del potere di Cesare. Ma in Galilea, tra un popolo che era stato circonciso ed ebraizzato a forza dai re sacerdoti di Gerusalemme meno di un secolo prima, le parole più liete e più gravi non sembravano parole di sfida, di sangue e di morte.
L’annuncio radicale, Dio sta per manifestarsi, il regno dei cieli è vicino, sembrava quasi andare da sé. Non appariva come una scure che recideva alla radice il potere della legge e del sacro. La sua novità e la sua radicalità si confonde-vano, come accade, come è accaduto, come accadrà, con la loro giovinezza. Come è diverso il Vangelo degli inizi da quello, denso di forza e di tempesta, che compare alla fine, quando non più le folle, ma il sacro, la legge e il potere, affrontano a Gerusalemme il profeta di Galilea! Gesù predica che Dio è vicino e immediato, che abita non solo il tempio di pietra ma il tempio di carne, il cuore umano. Il regno di Dio vicino non annuncia il terrore e la potenza del dio dei fulmini, dei terremoti e delle tempeste, non allude alla potenza dell’ira e della condanna, antichi attributi del divino, in Israele, come fuori di Israele.
Il regno di Dio è un giovane profeta che chiede agli uomini di guardare il loro cuore; e di amare Dio, presente in esso. Il regno divino è la passione d’amore degli uomini per lui; Dio cerca la passione d’amore degli uomini.
Questo era scritto e nascosto in un libro della Scrittura ebraica, chiamato il canto per eccellenza, il Cantico dei cantici: la passione d’amore di un pastore per una pastora, confuso e mischiato con l’amore di re Salomone e la regina di Saba. Ma l’amore campestre e quello regale vogliono esprimere una sola cosa: la passione d’amore di Dio per l’umanità, per ogni persona umana. E anche il lato opposto, più segreto, più difficile. Non l’adorazione, il rispetto, il timore del cuore umano per Dio. Ma la passione d’amore del cuore umano per Dio.
Quando Gesù passa tranquillo dicendo l’inosabile, che il regno di Dio è nel cuore di ogni uomo e che ogni uomo può dare spazio, incoronare questo regno, le due passioni d’amore, quello di Dio per l’uomo, quella dell’uomo per Dio, si incontrano. E su questa ondata possente che nascono quelli che saranno gli apostoli, quelli che continueranno il cammino di Gesù, nella gioia della Galilea e nel sangue di Gerusalemme, che uccide i profeti.
Sono pescatori di Galilea, hanno inteso quella chiamata e ne sono rimasti presi: e forse non hanno capito la metafora, per noi tanto semplice, scontata da duemila anni di cristianità: «Vi farò pescatori di uomini».
Sarà la loro una lunga storia, che talvolta la storia, talvolta soltanto l’immaginazione, hanno descritto. Ma è certo che da Roma alla Spagna, all’India, in due generazioni, quelle parole dette a dei pescatori di Galilea, gente senza lettere, percorreranno senza armi l’ecumene antica.
E forse qualcosa della gioia di Galilea sarà rimasta in es-si che, tutti, salvo il prediletto Giovanni, conobbero, nella loro persona e nella loro morte, l’ora di Gerusalemme, l’ora della croce.
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