Prima domenica dopo Pentecoste
Santissima Trinità
Le tre esistenze di un Dio unico
Es 34, 4b-6.8-9
Dn 3
2 Cor 13, 11-13
Gv 3, 16-18
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo
Le tre esistenze di un Dio unico
Domenica della Trinità, il nome del Dio cristiano. Non esiste questa parola nel Nuovo Testamento, dove è detta la divinità del Cristo e in lui del Verbo o del Figlio: ed è indicata, ma non esplicitata, la divinità dello Spirito Santo. Ci vollero quattro secoli di cristianesimo perché questa parola divenisse il nome proprio del Dio cristiano: Padre, Figlio, Spirito Santo. Quale è la differenza tra la Trinità e il Dio unico, adorato dalla religione di Israele e dell’Islam, in forme tanto diverse l’una dall’altra? Il Dio cristiano può dirsi unico, nello stesso senso di uno, ma è un Dio che ha tre diversi modi di esistenza, ciascuno irriducibile all’altro, ciascuno distinto dall’altro dalla stessa relazione che li unisce nella comune divina realtà.
Quale è il senso di questo modo di definire Dio? È quello che rende possibile associare alla divinità l’umanità di ciascuna persona umana. Il cristiano sa dal suo battesimo di essere divenuto figlio nel Figlio, generato dall’unico Padre, cospirante l’unico Spirito. Come dice la seconda lettera di Pietro, siamo divenuti «partecipi della natura divina».
Nel suo bellissimo apologetico Il trionfo della Croce, Gerolamo Savonarola scrive che con la rivelazione cristiana cominciò a crescere la persona umana. E «persona» è un nome che fa parte del lessico cattolico, è usata con parsimonia dal pensiero laico, che le preferisce «individuo». Ma, nel senso cattolico, la persona umana indica, in riferimento alla persona divina, la relazione con gli altri: la persona è una relazione, vive in comunione. Come nella Trinità, la persona di uno si definisce con la sua relazione a quella degli altri, il proprio stesso status personale, così nel senso cattolico la persona di ciascuno è definita dalla relazione che ha con tutti. L’«io», il protagonista dell’esistenza umana, è sempre intenzionalmente e potenzialmente un «noi». E per questo «libertà» è una parola cristiana e indica la presenza dello Spirito Santo in ogni battezzato, che solo con l’attenzione può godere di questa divina presenza.
La Trinità consente di comprendere l’affermazione di Giovanni «l’amore è Dio». L’unità delle Tre Persone è il loro amore. Agostino, in un felice testo, ricordando come lo Spirito Santo esprima nella sua persona l’amore essenziale delle divine Persone, disse che, donandoci lo Spirito Santo, il Padre e il Figlio vollero avere in comune con noi uomini lo stesso amore che li unisce.
Il testo del Vangelo non fa cenno diretto alle divine Persone (esse appaiono unite solo nella finale del Vangelo di Matteo, che definisce con i loro nomi la formula del battesimo). Ma nel discorso di Gesù a Nicodemo del Vangelo di Giovanni, è indicato l’amore divino: «Dio ha tanto amato il mondo da dargli il suo Figlio unigenito». Indica in altra formula la identificazione tra Dio e Amore, che è nella prima lettera giovannea.
Ho visto che è difficile ottenere la giusta risposta sulla Trinità da un giovane che frequenta catechismo e riceve a scuola l’istruzione religiosa. È più facile ottenerla da persone anziane assai meno istruite. Qualche volta si ha l’impressione che una eccessiva concentrazione sull’umanità di Gesù abbia fatto dimenticare che essa ha per fine quello che Barth ha chiamato «l’umanità di Dio».
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