Dal Vangelo secondo Giovanni (6, 51-58)

In quel tempo, Gesù disse alla folla:

«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

 

Corpo e Sangue di Cristo. La festa eucaristica da troppi «tradita»

 

Nel tempo dopo Pentecoste la liturgia contempla la figura del Cristo risorto nella sua gloria: Figlio del Padre nella Trinità, la cui festa è stata celebrata la scorsa domenica, cibo e bevanda dell’uomo nella festa di oggi, il Corpus Domini, la festa dell’Eucaristia. Questa festa è caratteristica della Chiesa occidentale e ha dato luogo alla più bella delle sue devozioni, quella dell’adorazione di Gesù Cristo presente nelle apparenze del pane e del vino su cui sono state recitate le sue parole nell’ultima cena: «Questo è il mio corpo», «questo è il mio sangue». Il testo evangelico che leggiamo è tratto dal capitolo sesto di Giovanni: ed è qui che Gesù pronuncia le parole che indicano il suo corpo come cibo e il suo sangue come bevanda. «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue non vedrà la morte in eterno. Chi mangia di me vivrà di me».

Ancora oggi queste parole non hanno perso il sapore dello scandalo, anche se tutti sanno che la comunione è una piccola ostia bianca: nulla di così sanguinolento e carnale come queste parole di Gesù. Del resto ormai quanti sono i credenti che pensano veramente di mangiare il Figlio di Dio, di ricevere la vita eterna, di essere trasformati in lui grazie a quel gesto? Quante volte proprio il modo in cui i credenti ricevono l’eucaristia ricorda quelle parole di Gesù agli apostoli: ma voi pensate che, tornando, il Figlio dell’Uomo troverà ancora fede sulla terra?

La festa del Corpo del Signore venne istituita dopo il miracolo di Bolsena,  a cui dobbiamo il duomo di Orvieto: un miracolo del sangue scorrente dalla piccola ostia bianca per un sacerdote che dubitava della presenza reale del Cristo sotto le apparenze del pane e del vino. Per convincere i cristiani di oggi non basterebbe che tutte le ostie della terra sanguinassero. Ci si domanda il perché sia accaduta questa menomazione della fede nella presenza reale del Cristo. Forse è dovuto alla riforma conciliare che ha distrutto le forme di preghiera popolare, come l’adorazione all’Eucaristia, collegata a questa festa. Ma forse è accaduto perché non si è spiegato che la presenza di Gesù nel pane e nel vino ha per fine di trasformare noi in lui. «Chi mangia di me vivrà di me».

L’Eucaristia è rimasta una devozione, non è stata vista come una trasformazione in Cristo di chi lo riceve eucaristicamente. Il corpo di Cristo eucaristico fa il corpo mistico del Cristo che è ciascun cristiano e la Chiesa tutta. Ma la Chiesa tutta attraverso ciascun cristiano.

Lentamente il mistero centrale della nostra fede, la trasformazione dell’uomo in Dio in conseguenza della trasformazione di Dio nell’uomo, esce dall’attenzione, dall’intelligenza: e lentamente dal culto. Non abbiamo più né il gregoriano, né le chitarre, né l’altare né la mensa. Non ascoltiamo una lettura del mistero divino che diviene la nostra vita eterna, quella che non vedrà mai la morte.

Partecipiamo al banchetto in cui ci è offerta in cibo l’eternità come a una svogliata cerimonia pubblica da gente per bene. Forse l’ultima categoria di persone, cui si è rivolto Gesù, che pur si rivolgeva a tutti. Forse assistiamo al lento deperire del cristianesimo, nella sua prima terra di adozione, l’Europa, senza nemmeno sapere per quale ragione ciò accade. La festa del Corpo e del Sangue del Signore ci ricorda i limiti della nostra fede.


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