30 giugno 2024
Tredicesima domenica del tempo ordinario

Sap 1, 13-15; 2, 23-24
Sal 29
2 Cor 8, 7.9.13-15
Mc 5, 21-43

Giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: “Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!”. Gli diceva infatti: “Esci, spirito impuro, da quest’uomo!”. E gli domandò: “Qual è il tuo nome?”. “Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti”. E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese. C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: “Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi”. Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: “Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te”. Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.
Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: “La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva”. Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata”. E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi ha toccato le mie vesti?”. I suoi discepoli gli dissero: “Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?””. Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”.
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”. Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: “Non temere, soltanto abbi fede!”. E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: “Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”. E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: “Talità kum”, che significa: “Fanciulla, io ti dico: àlzati!”. E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

Il miracolo: quel fascino del divino nella natura

Il Vangelo di Marco ci racconta in questa domenica due miracoli di Gesù. Un capo della sinagoga,
Giairo, chiede a Gesù di andare nella sua casa e di guarire la figlia che è ammalata. Gesù va con lui, ma i servi vanno loro incontro dicendo a Giairo: «Non disturbare il maestro, la bambina è morta». Gesù risponde, rivolto al padre: «Non temere! Abbi solo fede». Va nella casa e ordina alla fanciulla di alzarsi: ed essa ritorna in vita.
Mentre va alla sinagoga, una donna, che subiva emorragie, lo tocca. E subito è guarita. Ma Gesù
chiede: Chi mi ha toccato? I discepoli si meravigliano, perché Gesù è nella ressa. Ma egli ha capito
che qualcosa è accaduto. La donna confessa il suo gesto e Gesù risponde: «La tua fede ti ha salvato».
I racconti di miracoli ci lasciano interdetti. Viviamo in un’epoca in cui l’uomo ha mutato le condizioni della vita, il nostro mondo sarebbe apparso ben miracoloso agli uomini di cento anni fa. Siamo troppo carichi di prodigi umani per vedere nella potenza del miracolo il segno del divino.
Ma la punta del racconto evangelico non è il miracolo, è la fede. Nella loro descrizione i miracoli sembrano opera del corpo di Gesù: la donna emorroissa lo tocca ed è sanata, egli prende le mani della fanciulla ed ella ritorna alla vita. E tuttavia in ambedue i casi Gesù attribuisce i miracoli non a sé stesso ma alla fede di coloro che gli chiedono gesti prodigiosi.
Chi ha la fede può ottenere miracoli? La storia della Chiesa è punteggiata di miracoli, ancora oggi la Chiesa li chiede per procedere alla canonizzazione di un santo. Ma il miracolo è un segno raro. Se la fede producesse miracoli come la terra le piante e i frutti, sarebbe un altro elemento della necessità della natura.
Pure qualche volta i miracoli accadono. Ed è forse il desiderio di tutti quelli che l’hanno chiesto e non sono stati esauditi a operare il miracolo quando accade. Tra fede e miracolo c’è un rapporto ancora più profondo di quello che appare nella fede che causa miracoli. Il rapporto più profondo è dato dal fatto che la fede stessa è un miracolo.
Noi non abbiamo oggi altro motivo di credere se non per il fascino che su di noi ha la figura di Gesù, la sua bellezza. Siamo fuori dalla civiltà contadina, in cui il rapporto con la natura rende facile pensare al Dio che opera nella natura.
Siamo in un mondo causato dall’uomo, manufatto, in cui ci attendiamo solo effetti di cause umane. Un mondo interamente fatto dall’uomo è un mondo disumano perché non vi è più tra noi la traccia del divino nella natura che ha accompagnato l’umanità nel suo cammino pretecnologico. Mai Dio è stato così inevidente come in questo tempo in cui l’uomo è circondato soltanto dalle sue opere. Eppure la fede continua.
Non abbiamo più il fascino del divino nella natura, perché il tempo in cui viviamo soffoca, nel circolo tra lavoro e divertimento, tra produzione e consumo, la capacità di contemplare. La bellezza salverà il mondo, ha scritto Dostoevskij ma dove è il bello oggi? La televisione informa, distrae, ma non ci dà il senso di bellezza di un tramonto o di un quadro. La bellezza è contemplazione silenziosa.
La fede continua il suo cammino anche oggi, in cui la bellezza interrompe il suo. E, in un mondo in cui contempliamo non il creatore divino ma la creatività umana, Gesù è il volto che esprime nel segno umano il divino. Gesù è bellezza anche per chi non crede che egli sia Dio. La sua immagine in una fantasia umana compie ancora il miracolo che il contatto con il corpo del Signore donò alla donna che soffriva di emorragia: il sangue cessò di scorrere. Non era una grande fede forse quella della donna guarita. Ma il bisogno e il desiderio furono letti da Gesù come fede: e fede divennero. Il miracolo del credere nel tempo senza l’immagine del divino nella bellezza avviene in questo modo.

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