Quattordicesima domenica del tempo ordinario

Ez 2, 2-5
Sal 122
2 Cor 12, 7-10
Mc 6, 1-6
A Nazaret la prima sconfitta di Gesù:
il rifiuto dei suoi concittadini

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

Il Vangelo di oggi ci parla di una sconfitta di Gesù: il rifiuto subito da parte dei suoi concittadini di Nazaret. Gesù era vissuto anni a Nazaret, era una persona nota, lui e la sua famiglia. Che cosa faceva Gesù a Nazaret? Non era noto come rabbino, come uno studioso della Torah, ma come il figlio del fabbro. Ciò significa che probabilmente egli faceva la medesima professione. Da dove veniva a lui tale scienza e tale autorità? Lo studio era un’attività molto seria per il popolo ebraico: lo era anche per il popolo galileo. I galilei non erano veramente ebrei.
Cento anni prima, i re sacerdoti di Gerusalemme avevano conquistato quel territorio e ne avevano circonciso a forza gli abitanti. Non era dunque, per i neoconversi galilei, una garanzia vedere un loro concittadino insegnare con autorità e compiere prodigi. Se avessero veramente pensato alla storia di Israele, i nazaretani avrebbero ricordato che i profeti di Israele non erano mai stati rabbini o studiosi della scrittura, almeno quelli di cui si conoscono i dati biografici.
Geremia era un fanciullo, Amos un pastore: su di essi era scesa immediata la potenza della Parola. La conoscenza della Bibbia non è nella Bibbia una condizione per diventare profeta. Al contrario, Dio sceglie, anche nel Vecchio Testamento, le cose «che non sono» per confondere «quelle che sono».
L’umiltà dei natali di Gesù avrebbe dovuto testimoniare che egli era un profeta. È per questo che
Gesù si adira: essi non hanno capito che Dio non guarda la potenza e la sapienza, Dio guarda il cuore. Dio sceglie per amore, non per giustizia.
La scienza, la buona scienza, e le opere, le buone opere, non sono titoli di preferenza innanzi a
Dio. Ogni scelta del Signore è una meraviglia agli occhi del mondo. Un santo che non sconcerta non
è un santo.
Colui che appare sotto i segni della scienza sacra, della religione, della giustizia, non ha in questo
un titolo alla elezione divina per un compito universale o almeno sociale. Solo chi è di scandalo
innanzi agli uomini ha in questo il segno di essere scelto da Dio. E «uomini» vuol dire soprattutto «uomini religiosi» come erano i concittadini di Gesù.
Fuori di Nazaret, Gesù godeva del prestigio dello sconosciuto: ma uno dei nostri, di cui conosciamo madre e fratelli può essere un profeta? Israele aveva consegnato nella Scrittura tutta la parola di Dio: essa non poteva inventare cose nuove. Dio era per essi una memoria immobile, incorporata nella Scrittura. La Torah è la sapienza di Israele.
Anche nella Chiesa possiamo rischiare di dimenticare che il Signore compie sempre cose nuove e
che la Chiesa cambia: Quando volle mostrare agli anglicani la verità della Chiesa cattolica, Henry Newman la descrisse come variante nei secoli, descrivibile sempre in forma diversa, ma continua attraverso le sue variazioni. Anche noi abbiamo visto, in questi tempi la Chiesa variare: la Chiesa di Pio XII non è la Chiesa di Paolo VI e quella di Giovanni Paolo Il non è la Chiesa di Paolo VI; e la Chiesa che verrà dopo Giovanni Paolo II sarà ancora diversa.
Il primato di Pietro consente di mantenere l’unità attraverso le variazioni. Ci saranno sempre
cristiani dell’ieri e del domani, che non si sentono in pace con la Chiesa del loro tempo. Nascono gli scismi a destra («vecchi cattolici» dopo il Vaticano primo, Ecône dopo il Vaticano secondo), o fratture a sinistra, in forma di criptoeresie, eresie nascoste. Ma, dice Gesù, «il Padre sempre opera».
Il Padre crea la storia e sceglie in tutti i punti di essa, nella religione, nelle scienze, nella politica
gli operatori di novità. Ci può essere chi accoglie il dono, chi lo respinge, chi ne abusa, ma il governo divino della storia unisce sempre le cose vecchie alle cose nuove e conduce il mondo naturale e quello umano verso il giorno in cui il Padre sarà tutto in tutti. Il regno di Cristo è il filo d’oro che custodisce la memoria di Dio nella storia umana. E il Regno «sussiste» nella Chiesa cattolica nel tempo che corre e che varia.

I volumi dei tre anni di commenti al Vangelo della domenica di don Gianni Baget Bozzo (“Buona Domenica. Commenti ai Vangeli domenicali”) sono acquistabili in libreria, sul sito delle Edizioni Dottrinari o sui siti delle maggiori catene di librerie.

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