Terza domenica d’avvento
È finito il tempo del soldato perciò è più importante la conversione dei cuori
Sof 3, 14-18a
Is 12 (Cant.)
Fil 4, 4-7
Lc 3, 10-18
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo
È finito il tempo del soldato perciò è più importante la conversione dei cuori
Giovanni Battista è il protagonista del tempo di avvento e chiede un cambiamento di costume nei rapporti interumani. Non parla di Dio, ma ciò non era necessario in Israele, nel suo tempo: parlare di comportamento umano voleva dire parlare di Dio. Era ben chiaro all’israelita che Dio significava, in primo luogo, la richiesta di un comportamento a Dio conforme.
Che Dio esistesse e ordinasse era ben evidente: meno evidente era invece la fedeltà dell’uomo alla domanda di Dio. Per noi è diverso quello che manca oggi è il volto di Dio la sua esistenza, la sua presenza, il suo significato. Il messaggio del Battista, messaggio di cambiamento e di conversione, nel nostro tempo significa, in primo luogo, interrogarsi su Dio, accettarlo come questione aperta alla nostra intelligenza e per questo, alla nostra vita Dio è presente nei nostri cuori occorre scoprirlo, farvi attenzione.
La fede che conta è quella che ci pone in ogni momento innanzi alla presenza di Dio. E alla sua ispirazione. Dio ci parla, non cessa mai dal farlo. Dio ci dice il suo amore, ci domanda il nostro, ci chiede di amare ogni uomo come lui lo ama. Ci chiede di non avere paura perché egli vive con noi tutte le nostre prove, sperimenta tutti i sentimenti. Si è fatto carne in Gesù per farsi carne in ogni uomo, per avere: speranza, gioia, attesa, sofferenza, timore in ogni uomo. Dio ha aspetti vari e diversi.
Il mondo delle religioni conosce da sempre il Dio di potenza, che si manifesta, nell’universo. Oggi l’universo ci si rivela come misurabile dall’uomo con misure che non hanno paragone con il corpo e la vita umana: non è un oggetto misterioso, diviene invece un oggetto indefinitamente conoscibile.
È questo spazio che non ha riferimento al nostro corpo ma è afferrabile dalla nostra mente, il segno di Dio nel nostro tempo. Sino a questo secolo, era il mistero del mondo l’argomento per affermare l’esistenza di Dio. Oggi l’argomento è la sua indefinita conoscibilità. I cieli narrano la grandezza della Mente che sta in essi e li informa e della mente umana che, attraverso il cosmo, entra in uno spazio di conoscibilità crescente, in cui il pensiero sostituisce la materia come stoffa dell’universo.
Ma ai cristiani si rivela un altro volto di Dio: il suo volto umano. Non ci si rivela la sua potenza, ma la sua debolezza. Dio ha affidato all’uomo la creazione e a ogni uomo l’altro uomo. Ci ha dato un potere che non sappiamo misurare. Dio invoca da noi la salvezza del mondo e degli altri uomini. In questo avvento noi non possiamo non sentire il tasso di male e di dolore che ci circonda.
Abbiamo visto nell’ex Jugoslavia e in tanta parte dell’Africa, la violenza pura, il male puro. Non compiuto più per una ideologia, ma come puro male. Questo secolo ha conosciuto l’uso terribile della forza legittima, il calvario di due guerre mondiali. Dinanzi ad esse, i mali di oggi sembrano minori. E forse lo sono.
Non abbiamo più l’uso legittimo della forza, nemmeno quando sarebbe necessario ma gli europei, che si uccisero a milioni per i confini delle loro patrie, non sono disposti a morire per il Rwanda o per la Bosnia; non al punto di usare la forza legittima, di applicare il diritto internazionale di ingerenza. È forse veramente finito il tempo del soldato. Ma per questo è ancora più importante la conversione dei cuori, l’invito a fare umana la filantropia divina, l’amore divino per l’uomo; Dio è potente se la nostra libertà gli dà spazio: la nuova creazione, che il Battista annuncia in questo Vangelo nella forma del giudizio, è opera congiunta di Dio e dell’uomo. Il terzo millennio cristiano, che il papa annuncia per dire che vi è tempo, vi è speranza, vi è storia innanzi a noi, può non essere orribile se avverrà una conversione del cuore umano alla filantropia divina: e tale conversione nasce quando, con qualunque parola, l’uomo impara a far posto nel suo cuore alla divina misericordia. Il Battista, alle porte del terzo millennio, ci invita ora a vivere l’amore divino e a trasformare in esso la nostra vita. Così spunterà, su una terra pacificata, l’avvento divino, i nuovi cieli e la nuova
terra.