16 Febbraio 2025
Sesta domenica del tempo ordinario
Dio è povero, povero di noi
Ger 17, 5-8
Sal 1
1 Cor 15, 12.16-20
Lc 6, 17.20-26
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone. Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.
Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo
Dio è povero, povero di noi
Il Vangelo ci racconta la predicazione di Gesù nel suo corso. Egli vede attorno a sé una moltitudine. Li guarda bene: è povera gente, attratta soprattutto dalla sua fama di guaritore. Ma non è solo il bisogno materiale che li spinge. È il sentimento profondo di mancanza, di angoscia umana. Gesù non è solo colui che ha fatto i miracoli, è l’uomo che si è rivolto ad essi non solo per ammonirli, per ricordare le loro miserie e i loro peccati, ma per confortarli. Li ha cercati, essi abituati a non essere mai cercati da nessuno.
Chi è venuto incontro al Messia d’Israele, al Cristo? Forse i più religiosi, i più colti, i più potenti? No, incontro al Messia sono venuti quelli che non sono nessuno in Israele, che non rappresentano il popolo con autorità. Sono accorsi uomini e donne come sarebbe accaduto in qualsiasi altra parte della terra. Sono arrivati i poveri: poveri di tutto, di ricchezza, di sapere, di potere. Gesù ha nelle mani il regno di Dio, la venuta del Signore sulla terra e la offre loro, solo perché sono poveri, e quindi hanno uno spazio vuoto nel loro cuore, sono definiti dalla mancanza.
«Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che avete fame perché sarete saziati. Beati voi che piangete, perché riderete». Ecco, ora Dio abita in voi, feccia della terra. Non nei templi, non nei palazzi. Dio si nasconde in voi, vi sceglie come il suo popolo, poveri di tutti gli spazi e di tutti i tempi. Abita la vostra disperazione, soffre la vostra maledizione, vi accoglie nel suo regno eterno e vi dà, in questo tempo, il suo cuore. Il regno di Dio non è più il Messia trionfante nella città santa, accolto dai sacerdoti, dagli scribi, dai farisei. Si identifica con un assembramento che non ha nemmeno la forza della violenza, tanto forte è la sua sconfitta umana, e non ha nemmeno lo scialo di porsi problemi di coscienza, perché la necessità del bisogno non offre alternative.
Nella loro solitudine egli vive la sua solitudine, nella loro sconfitta vive la sua sconfitta. E vede in loro i suoi profeti, quelli che possono credere, e crederanno, in un Messia rigettato, in un Dio crocifisso. Di questi poveri sarà fatta la sua Chiesa, quella che annuncerà al mondo che egli è il Dio crocifisso e risorto. Solo i poveri possono avere una fede così grande, una fede che muove le montagne, conoscono così bene la mancanza che possono credere nella croce salvifica. La salvezza del mondo viene dai margini del mondo. Gesù si affida ad essi come essi si affidano a lui. E l’evangelista li vede già come evangelizzatori, respinti proprio perché annunciano il regno di Dio. Ma il Salvatore del mondo dice anche una parola che non suona salvezza: «Guai a voi, o ricchi, perché avete già ricevuta la vostra consolazione. Guai a voi che siete sazi perché avrete fame».
Il Signore nasconde la salvezza anche sotto l’ira, l’amore anche attraverso la condanna. Quel «guai» rivolto ai ricchi non è un rigetto, è un invito. E tuttavia rimane il fatto che egli si è identificato con i poveri e non con i ricchi, con coloro che non hanno e non con quelli che hanno. Ha accolto tutti nel Regno, ma ha scelto anche la sua parte nel Regno. I poveri. Vi è un Regno diffuso in tutta la terra, un Cristo sconosciuto abita là dove un uomo vive nella mancanza e nel bisogno materiale. Quei corpi sono anch’essi il corpo del Cristo.
Lo Spirito del Signore bussa a ogni cuore, ma la presenza corporea del figlio di Dio sta là, tra coloro che, non avendo speranza nel domani, umiliati nell’oggi, divengono il simbolo dellamancanza che Dio ha del cuore, della mente, del corpo dell’uomo.
Non c’è nella letteratura religiosa un discorso così straordinario sulla povertà, un discorso così sublimemente irragionevole, al punto che solo in parte può essere inteso e compreso. Esso va visto non tanto come un invito ad opere o non soltanto ad opere: ma in primo luogo come invito alla comprensione del mistero di Dio. Dio è povero, questo ci dice il Vangelo, povero di noi.
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