Conferenza a Casanova Staffora (3 dicembre 1993) per l’anniversario della fondazione di Nova Cana.

La lettera ai Romani ci dice che lo Spirito intercede per noi con gemiti inenarrabili per chiedere la liberazione dalla corruzione e quindi dalla morte. Perché chiede qualcosa, attende qualcosa?

Nella immensa avventura umana della creazione in cui è comparso un uomo come coscienza di tutto, il Figlio si è rivelato come differenza, in Lui appare nella sua pienezza quello che l’uomo è, come il figlio nel nulla e nella gloria della carne; ebbene, questa avventura è la vocazione dell’uomo ad altro. Questo è il senso della rivelazione, che non è solo il mistero della croce.

Non vi è dubbio che al centro della Rivelazione ci sia il Dio Crocefisso, non a caso è il nostro simbolo: cioè l’Agnello sgozzato che è diventato per noi il simbolo reale della condizione umana.

Tutta la forza del cristianesimo, quella che rimane, è infine in questo simbolo della condizione umana, che viene appunto espresso in questo modo. Ma tutto ciò, in realtà, ha un senso; la Rivelazione cristiana ha un fine in cui si manifesta la Croce che è anche l’annuncio della Resurrezione.

La Rivelazione del Verbo incarnato, del Cristo, è, sì, la rivelazione di quello che il mondo è, cioè dell’Uomo Crocefisso, che Dio stesso è quest’uomo, ma anche la determinazione del senso di questo, ed è la Resurrezione.

Ebbene, questo abitare di Dio nel mondo in questa forma, in cui l’uomo deve sormontare il nulla, ha un senso.

E uno è chiamato a questo destino: a vincere in sé la potenza del nulla.

Qual è il sentimento fondamentale che il mistero della Croce porta con sé e rivela? E’ proprio il mistero della compassione: che ogni uomo sappia compatire l’Universo e tutti gli altri uomini, portarne, come il Cristo fece, tutti i dolori. Diventare Uomo Universale, riunificare, sentendo l’umanità come un corpo, quello sulla terra nel tempo e quello che in Dio Padre ha avuto.

L’Uomo Universale, che porta in sé tutti gli altri uomini in Cristo, è la forma di ogni uomo, e il produrre quest’Uomo è la fine della storia.

Quello che la Fede ci dice è che non può non essere così perché Cristo è venuto, il Verbo si è fatto Uomo-Dio in questo mondo: vuol dire che l’Uomo Universale è possibile.

E la storia umana è sempre alla ricerca con la tradizione, con rivoluzioni, con guerre e altre drammatici eventi alla ricerca dell’Uomo Universale.

Abbiamo appreso da questo secolo che quest’uomo non si costruisce mediante la forza, potevamo pensarlo, prima di esso, ma le grandi rivoluzioni ci hanno mostrato che non era vero, che non è costringendo l’uomo che si costruisce l’Uomo Universale.

E noi cerchiamo ora questa strada, finite le speranze rivoluzionarie di costruire mediante l’esterno l’uomo universale, noi cerchiamo appunto, oggi, di costruire un uomo come Cristo, il portatore dell’insieme degli uomini, come coscienza diffusa.

La vita e la morte dell’Umanità stanno in questa capacità di prendersi cura del mondo.

Lo vediamo oggi in cui siamo quasi resistenti a prenderci cura del mondo e vediamo tutti gli organismi incapaci di fare questo, caduti gli imperi, fallite le organizzazioni e le confederazioni degli stati a ogni livello.

Com’è possibile oggi prendersi cura del mondo? Torna il nostro problema in forma diversa, quello della grande invenzione culturale, sociale, politica, umana di questo tempo, com’è possibile creare l’Uomo Universale tra il nord e il sud e l’est e l’ovest? Quanto tempo ci vorrà e quali temi ci vorranno?

Questo è il senso del Dio nel mondo: creare l’Uomo Universale, creare nel mondo la stessa realtà che è in Dio. Uomo vincolo del creato, non distruzione di esso: il creato unito.

E’ questo ciò che Gesù chiama il Regno di Dio, il fatto che l’uomo possa avere in sé tutti gli altri uomini e, quindi, la loro universalità. Questo è in fondo è il cristianesimo nella sua immagine totale. Non è questo, d’altro lato, dentro e fuori il linguaggio della fede, quello che, in qualche modo, emerge nella storia umana?

Possiamo dire che abbiamo già materialmente giudicato il mondo: abbiamo le medesime tecniche, i medesimi linguaggi, le medesime economie, i medesimi trasporti e via via; abbiamo creato la base materiale della coscienza universale. E in questo pensiamo che la tecnica sia un bene, perché abbiamo creato la base materiale della coscienza universale.

Qual è la forma della coscienza universale? Sarà la fede stessa? O sarà una forma diversa di dirla? Certo è il Cristo, ma come e in che modo? Sono le chiese stesse, o no? Qual è il modo in cui quest’Uomo Universale viene prodotto dalla storia? e cioè Dio che abita il mondo si manifesta in questa forma? Questo mi pare che sia il maggior problema culturale e razionale del nostro tempo.

Fallite le forme collettive violente, quali forme possono farci convivere e quali prove, quali realizzazioni e quali culture sono capaci di ordinare la convivenza?

Noi crediamo appunto che, senza un riferimento al fatto cristiano, sia impossibile creare questa convivenza. Non certo Dio com’è detto ora, e neanche la visione del mondo e dell’uomo nel Cristianesimo come è ora; probabilmente occorre una forma diversa.

Quando pensiamo appunto a rifondare e a proteggere, che sono due cose contestuali, proteggere è un atto di compassione e rifondare è un atto di speranza, mi riferisco alle parole iniziali di Angela Volpini sul senso di questa casa. L’atto umano, che essa incorpora come cosa, diviene in qualche modo simbolo. Appunto il rifondare e il proteggere indicano proprio il sentimento della compassione, proteggere e rifondare anche la prospettiva entro cui la compassione ha un senso.

Ecco quello che possiamo dire del secondo momento, come Dio abiti il mondo per formare quest’uomo. Ma vi è un terzo momento per rispondere allo Spirito Santo.

Questo che non è più il tema dell’abitazione, ma il tema delle nozze.

Avendo fatto riferimento alla Sacra Scrittura leggerò il libro chiuso, da noi dimenticato, leggerò una parte della finale dell’Apocalisse. La finale ha un tema che è presente in qualche modo nella Bibbia, che non è più il tema dell’abitare, ora, ma il tema delle nozze.

“Allora io vidi un nuovo cielo e una nuova terra, il primo cielo e la prima terra erano spariti e il mare non esisteva più, e vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, che scendeva dal Cielo, da presso Dio, ornata come una sposa per andare incontro allo sposo. Una veniva dal Trono una voce che diceva: ecco il tabernacolo di Dio fra gli uomini; Egli abiterà con loro ed essi saranno il suo popolo e Dio stesso abiterà con gli uomini.”

Troviamo al massimo livello l’abitare.

“Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi. Non ci sarà più morte né lutto né grida né dolore. Perché il mondo di prima è sparito. E colui che sedeva sul trono disse: eco, io faccio nuove tutte le cose. Poi mi disse: scrivi queste parole. Sono compiute.

Io sono il principio e la fine, l’alfa e l’omega. A chi ha sete io darò gratuitamente il fonte dell’acqua della vita“

“L’angelo mi portò in spirito su un monte grande e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal Cielo, da presso Dio, nella gloria stessa di Dio“

“In essa non vidi alcun tempio, perché il suo tempio è il Signore Dio onnipotente e l’Agnello. La città non ha bisogno né di sole né di luna, che la illumini, perché la illumina la gloria di Dio e l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re porteranno a Lei la loro gloria.”

E’ singolare. A questo punto che cosa accade? Che cosa è questo? E’ la fusione e l’unità del Padre con il Figlio, la fusione del mondo eterno in Dio, del mondo divino nell’umano. Ed è “nuovi cieli e nuova terra”. E quello che lo Spirito Santo invoca con gemiti inenarrabili nella lettera ai Romani.

Si badi, questa non è l’origine, non è la creazione: è un’altra cosa. E in questa cosa continua la storia, ma in modo diverso, non a caso le nazioni cammineranno alla sua luce e i re porteranno e Lei la loro gloria e in essa vi è appunto l’albero della vita. Il principio ritorna alla fine.

“E l’Angelo mi mostrò il fiume dell’acqua che dà la vita, limpido come cristallo, che sgorgava dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, da una parte e dall’altra del fiume, cresceva l’albero che dà la vita. Esso dà i suoi frutti dodici volte all’anno, per ciascun mese il suo frutto. Il suo fogliame guarisce le nazioni. Non ci sarà più nulla di maledetto. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello, e i suoi servi l’adoreranno. Vedranno Dio faccia a faccia. e porteranno il suo nome scritto sulla fronte. Non vi sarà più notte: non avranno bisogno né di lampade né del sole, perché il Signore Dio splenderà su di loro e regneranno nei secoli dei secoli.”

Che cosa è questo punto dimenticato? Che cosa è la Nuova Creazione? E’ il momento in cui la storia continua dopo la fine del tempo e del mondo.

Nell’Apocalisse questo avviene dopo il grande fatto, dopo la Resurrezione finale. La Resurrezione finale conclude la storia del mondo e poi vi è la nuova creazione, in cui la storia continua. Per questo l’universo è fatto, per questa sono fatti i cieli e i pianeti e le galassie e così via. Questo grande universo è il luogo entro cui si manifesta la Vita. Questa è l’ultima parola dell’Apocalisse.

Ora di fronte vi sono le nozze di Dio e dell’umanità, della realtà eterna e di quella storica, l’incontro di queste due strade che avviene in questa pienezza.

Questo è quello che possiamo dire alla luce della parola di Dio. Il problema che abbiamo dinnanzi è: possono queste parole essere dimenticate?

Può l’uomo non cominciare ad immaginare un diverso universo e non ritrovare l’origine divina di questa realtà e il suo divino compimento?

Questo è il problema che abbiamo oggi, nel momento in cui il nome di Dio sembra cancellato dalla nostra cultura e dal silenzio stesso delle realtà religiose.

Quando noi facciamo questo gesto, di rifondare, come per Nova Cana, il gesto è legato al cambiamento dell’acqua in vino, dell’umano e del divino, è la nuova realtà cristica. Nova Cana ha questo significato: il gesto della Vergine che introduce questo grande cambiamento.

Quando incorporiamo questo simbolo forse vogliamo simboleggiare proprio questo, l’ultimo simbolo, il simbolo di quella città di cui il Signore è il sole e la luce, l’acqua della vita.

Di quella che, come Paolo dice nella lettera ai Galati, è la Vergine Gerusalemme, di quella di cui noi siamo figli, come dice l’apostolo. Nel Cristo risorto questa realtà è già iniziata, nell’eucarestia riceviamo il Cristo risorto, e quindi in questa medesima realtà noi vogliamo dare il simbolo di fondamento e protezione dinanzi a tempi di compassione.

Devo dire che non era questo che mi ero promesso di dire per questa relazione, volevo fare una predica, e non inquadrare il tutto in modo così sistematico. Ma solo in questo modo posso dire di che cosa Nova Cana vuole essere simbolo, della celeste Gerusalemme, di quella città, cioè il compimento di Dio nel tempo e nella storia e del tempo della storia in Dio.

Credo che di ciò vorremmo che questa casa fosse simbolo, costruita senza pienamente saperlo, questo è quello che alla fine possiamo percepire. Di questo abbiamo necessità in tempi che di fondamento, di protezione hanno bisogno.

Caduta la speranza rivoluzionaria nel mondo, che cosa rimane?

Caduta la speranza di edificare l’Uomo Universale con la forza, che cosa rimane se non quello appena detto? E se non c’è speranza, non c’è nulla.

Quindi Il simbolo vuol dire la convinzione che nella terra tutta, in molte persone, in molti modi, in modi che non conosciamo, in volti che non conosciamo, questa medesima realtà operi, come Angela ha fatto operare qui, volendo costruire questa casa, dando ad essa valore di simbolo.

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