Prima domenica dopo Pentecoste:
Santissima Trinità
Dt 4, 3234.3940
Sal 32
Rm 8, 1417
Mt 28, 1620
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo
Sulla divinità di Cristo la Chiesa ha scelto la strada più difficile
Le liturgie domenicali proseguono su tono alto: la prima domenica di pentecoste è consacrata a celebrare il dogma della Trinità. La liturgia celebra il grande sforzo della Chiesa dei primi secoli per esprimere nel linguaggio umano il mistero di Cristo, vero uomo e vero Dio. Doveva intendersi la divinità di Cristo, come quella di un dio minore, un «dio secondo», un mediatore tra Dio e la creazione? E, se si doveva riconoscerlo come Dio unico, come spiegare il suo costante riferimento al Padre? come spiegare la manifestazione dello Spirito su di lui, come di un potere inviato dall’alto? In realtà, in un mondo politeista, spiegare il Cristo come «dio minore» era facilissimo. Ma sin dalle origini i cristiani rifiutarono questa via, nonostante la filosofia platonica o quella stoica offrissero loro un modello di accomodamento facilissimo.
La Chiesa non scelse la strada più facile, ma la più difficile. Stabilì che Cristo era la medesima realtà del Padre:«consustanziale», secondo la precisissima espressione latina (il latino si rivelò lingua più adatta alla enunciazione dei dogmi cristiani che non il greco). E cominciò a rielaborare, in latino, il concetto di persona, giungendo a interpretarlo come relazione. Ne venne la definizione di un unico Dio, che non era la semplice identità con sé stesso, ma una comunione di persone costituenti una realtà una e unica.
Ne veniva un diverso concetto di Dio. Il Dio che è per essenza una comunione di persone conduce il pensiero religioso oltre il monoteismo e il politeismo, oltre gli dèi assolutamente simili all’uomo e il Dio totalmente altro. La comunione delle Persone divine è aperta alle persone umane: il Cristo è una persona divina e un soggetto umano.
La comunicazione totale dal divino all’umano che avviene nella Trinità è accessibile anche ai cristiani che così divengono «partecipi dell’essenza divina». Così si comprende il semplice enunciato del Vangelo di Giovanni: la vita eterna è credere nell’unico vero Dio e in colui che ha mandato, Gesù Cristo.
La vita eterna è la vita stessa di Dio, che ci tiene nella Trinità sia nel tempo che oltre il tempo. La Trinità è la nostra comunione, la nostra tenda d’esilio, la nostra vera casa, la nostra ultima patria, il nostro regno. Ecco perché celebriamo il grande sforzo che la Chiesa dei Padri fece per proclamare il dogma trinitario. Nonostante il Catechismo della Chiesa cattolica abbia avuto successo editoriale, la conoscenza dei dogmi cristiani e del loro significato per noi non è in aumento nel nostro popolo.
Non si possono comprendere i dogmi cristiani senza viverli, e li si vivono soltanto mediante un certo livello di contemplazione, un certo livello di attenzione al Signore presente in noi. Solo allora si può sperimentare in noi la vita del Cristo, sapendo che è lui. Ma il Cristo è presente anche dove non è conosciuto, ovunque si sopporta il peso del
vivere e si ha un sentimento di amore: questo è il segno segreto del Dio che è amore e che ama la vita.
La Trinità si dona anche a chi non la conosce e la conoscerà soltanto quando, dopo le prove del tempo, la sua anima incontrerà la vita eterna che non ha creduto o conosciuto. Solo allora sarà dato a tutti in cielo di celebrare la lode della Trinità che, nel mistero dell’esistere, celebriamo sulla terra in questa liturgia domenicale.
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