Settima domenica di Pasqua:
Ascensione del Signore

At 1, 111
Sal 46
Ef 4, 113
Mc 16, 1520

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

Per il vero cristiano il cielo del Signore è dentro di sé

Celebriamo l’ascensione del Signore, la sua glorificazione alla destra dei Padre. È difficile intendere per noi questa festa, perché i cieli non sono più per noi il luogo di Dio. La Bibbia usa il linguaggio del simbolo e mai come in questo caso  avvertiamo il fascino e anche il peso di questo linguaggio. Ma possiamo fare a meno delle immagini e dei simboli per parlare di Dio, che non è una realtà corporale e sensibile?
Per tradurre in linguaggio concettuale ciò che il simbolo dice, dobbiamo rispondere che Gesù asceso non è più limitato dal tempo e dallo spazio, che egli può essere presente in ogni punto del tempo e dello spazio. Del resto, proprio questo supponiamo quando facciamo la più semplice delle preghiere: cioè che il Signore ci ascolti, che sia vicino a noi, pur diversi da lui per persona, cultura, storia, spazio e tempo. Questo affermiamo quando diciamo che Gesù è Dio e che noi diventiamo in lui partecipi della sua divinità. Noi comunichiamo con lui che abita in ciascuno di noi, siamo membri del suo corpo, respiriamo lo Spirito Santo, il suo spirito. L’ascensione vuol dire che i cieli sono dentro di noi, che Gesù abita il nostro profondo cuore, che la nostra anima avverte la sua presenza.
La fede usa le parole del mito (i cieli), ma immediatamente ne sovverte il significato. Trasforma in realtà esteriore ciò che il linguaggio pagano dice in realtà esteriore. I cieli del cristiano sono la sua anima immortale, in cui abita il Cristo.
Con ciò il cristiano sa, nella fede, di vincere la potenza della morte. Il Cristo, morendo, ha dato agli uomini la vita stessa di Dio. L’anima umana è creata a immagine di Dio, quindi non ha in sé la morte. Ma nel Cristo riceve non la vita perpetua, che possiede di natura, ma la vita eterna, cioè la stessa vita di Dio.
Non è un pensiero comune quello della vita oltre la morte. Pure il pensiero della morte è sempre vicino a noi, talvolta come pensiero conturbante, altre volte come pensiero gratificante. L’apostolo Paolo ha scritto che desiderava essere «dissolto» dal corpo e abitare con il Cristo. Pensiamo spesso ai nostri morti e la fede ci dà la speranza che essi siano risorti in Cristo, vivano cioè con lui la vita della risurrezione. Ciò vuol dire che essi sono presenti a noi, come è presente il Cristo risorto: anch’essi sono oltre i limiti del tempo e dello spazio, sia per natura, sia per la vita divina che è in loro. I cieli dell’ascensione sono dunque anche i loro cieli.
Questa festa indica dunque la festa della vita eterna, la vita divina in cui ci muoviamo, respiriamo e siamo, sia per il dono della creazione e dell’anima, sia per quello della grazia.
Non ci è facile oggi accettare come ovvie queste parole, perché viviamo in un mondo senza miti, un modo riplasmato dalle tecniche umane. Ma proprio questa capacità dell’uomo di trasformare e possedere la terra ci indica che egli non è un animale di questo mondo. In lui vive un’altra realtà, quella che il Cristo ci ha manifestato con la sua risurrezione e ascensione. Possiamo dunque sentire il respiro del Padre che ci avvolge quando lo invochiamo e ci dà la forza di credere, anche se non riusciamo a toccare con mano la presenza del Cristo nella nostra vita, più intimo a noi del nostro stesso io, che non vediamo, eppure indiscutibilmente siamo.
Nel testo degli Atti degli apostoli, gli apostoli domandano a Gesù quando restaurerà il regno di Israele: Gesù risponde indicando loro tutte le genti, il mondo intero. Quando il mondo sarà evangelizzato, Dio sarà visibile sulla terra, il Regnoche chiude la storia avrà inizio.
Da allora i cristiani sentono che il tempo avrà fine: e forse noi siamo la generazione che sa che la vicenda umana sulla terra potrà sopravvivere solo salendo al di sopra di sé stessa. Ce lo ricorda la nostra tragica storia quotidiana.

I volumi dei tre anni di commenti al Vangelo della domenica di don Gianni Baget Bozzo (“Buona Domenica. Commenti ai Vangeli domenicali”) sono acquistabili in libreria, sul sito delle Edizioni Dottrinari o sui siti delle maggiori catene di librerie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.