3 Novembre 2024
Trentunesima domenica del tempo ordinario
Dt 6, 2-6
Sal 17
Eb 7, 23-28
Mc 12, 28-34
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza“. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo
Amore, comandamento e l’involuzione della civiltà cristiana
Il Vangelo di questa domenica ci mostra una possibilità straordinaria, che non si è verificata. Raramente la storia ci evita i contrasti, è il regno della lotta. Era possibile che il popolo ebraico accettasse Gesù come Messia. Nel brano di Marco che oggi si legge, Gesù e un dottore della Legge coincidono nel definire l’essenza della legge data da Dio al popolo ebraico. Essa consiste in due precetti: ama Dio con tutta la tua anima, tutta la tua mente, tutte le tue forze; ama il prossimo tuo come te stesso. Queste parole suonano come il riassunto del cristianesimo; sono invece, per un ebreo
dotto e credente, come lo sono per Gesù, l’essenza dell’ebraismo. Era possibile evitare la frattura tra Israele e il Cristo?
Mi sono chiesto, più volte, perché, dopo che Gesù ha dichiarato che «non vi sono comandamenti maggiori di questi», i cristiani non abbiano posto queste parole, tratte una dal Deuteronomio e una dal Levitico, due libri della legge biblica, come i comandamenti fondamentali della morale, ma abbiano preferito il Decalogo del libro dell’Esodo, che, del resto, non ha nella tradizione ebraica, il valore che ha in quella cristiana. Sarebbe stato lo stesso se, per secoli, millenni di cristianità, ai bambini e agli adulti, ai popoli bambini e ai popoli adulti, ai popoli del X secolo e a quelli del XX secolo, fossero stati insegnati questi comandamenti, e non i grandi precetti negativi del Decalogo?
Infine, è Gesù che dice che i due precetti che cominciano con «ama» sono più importanti dei dieci precetti inquadrati dal «non». Per dire «non uccidere, non fornicare, non rubare, non mentire, non essere adultero o adultera», non occorreva che il Figlio di Dio si facesse carne e abitasse in mezzo a noi. In Seneca vi è molto di meglio che il Decalogo: e poi, in quale legge, non ci sono questi precetti di ordine civile, bastioni contro la violenza? In sostanza, il consenso tra Gesù e lo scriba che lo interroga non ha dato forma alla cultura cristiana, non lo ha fatto almeno nella misura in cui questo brano del Vangelo permetteva di pensarlo. È vero che, per educare i barbari, la Chiesa ebbe a che e fare con le peggiori ondate di popoli barbarici nella storia mediterranea e la paura era miglior consigliera dell’amore: ma siamo sicuri che fosse necessario procedere così?
Noi oggi siamo provati da una quantità di precetti morali, che ormai l’ecologia rende sempre più pervadenti. Siamo arrivati al «non fumare» e al «non mangiare pesce in tempo di colera». Ma manchiamo di motivazioni a vivere. Il dramma della giovanissima generazione nasce dal fatto che non ha motivazioni interiori. Se la famiglia muore, non è perché parole come «ama Dio con tutta la tua mente, la tua anima, il tuo cuore, le tue forze» e «ama il prossimo tuo come te stesso» non sono comandamenti ma, al massimo, memorie e buoni pensieri?
L’amore è un dovere, l’interiorità del cuore e l’esteriorità dell’azione sono inseparabili, il diritto è l’altra faccia di una obbligazione, di un «dovere». Se nei secoli cristiani avessimo insegnato questa unità dell’amore e del comandamento, invece di fare dell’amore un sentimento e della morale un precetto, forse non saremmo giunti a questo momento di involuzione della cristianità e della civiltà umana.
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Ah! fosse questo il cristianesimo del terzo terzo millennio, si aprirebbe la grande strada per la salvezza di tutti!