Poniamo all’attenzione del lettore l’articolo di Don Gianni pubblicato nel 2009 sul quotidiano Il Secolo XIX il cui argomento si inserì nel frenetico racconto della quotidianità come una pausa ricca di riflessioni che travalicano i limiti del mondano. La frase chiave di questo articolo è “Dio non esiste”, esposta come manifesto sugli autobus della città di Genova da un movimento culturale ateo. Ed in una società materialista tale frase è data per vera da coloro i quali, non confidando nel mistero che muove la vita di ogni uomo e dell’intera umanità, intendono il proprio agire come il libero arbitrio di una esistenza che precede la propria essenza, regolata da un’ etica della responsabilità, unico principio creatore della propria circostanza.
E’ un ateismo “leggero”, come don Gianni lo definisce, che si pone oltre il materialismo marxista del comunismo sovietico novecentesco, inteso come sostitutivo delle religioni ed in particolare del Cristianesimo. Esso affonda le sue radici nella storia della contestazione e del dubbio “versus” Dio nei suoi diversi movimenti culturali, ma si identifica meglio nel presunto umanismo di Sartre che scrisse nel suo pamphlet: “l’uomo non è altro che ciò che si fa’…l’uomo sarà innanzitutto quello che avrà progettato di essere. Non quello che vorrà essere …L’esistenza precede l’essenza, quindi l’uomo è responsabile di quello che è. Così il primo passo dell’esistenzialismo è di mettere ogni uomo in possesso di quello che egli è e di far cadere su di lui la responsabilità totale della sua esistenza.” (Jean Paul Sartre – L’esistenzialismo è un umanismo)
Le parole di Sartre definiscono un uomo solo di fronte all’ignoto che ha come unica strategia di vita quello di annullarlo attraverso l’agire della sua esistenza nei campi dello scibile. E’ un retaggio culturale che, anche oggi, si insinua nelle piaghe di una società che, dal moderno in poi, ha perso gradualmente il Cristianesimo come punto di riferimento anche culturale lasciando spesso il passo allo scientismo, inteso come nuova religione per l’uomo ed alla sua cultura fondata sul neo-darwinismo.
In questo quadro, però, la frase “Dio non esiste”, secondo don Gianni, ha in sé il paradosso di comunicare una negazione ed al contempo una affermazione di Dio nei confronti di chi legga quel manifesto, poiché rompe quell’indifferenza che avvolge la nostra società e pone ognuno di noi difronte ad un interrogativo: accettarsi come organismo vivente che esiste in quanto agisce o essere qualcosa di più profondo.
“Scendete al fondo, nel più profondo di voi stessi:capirete la mia voce…. Là dove si è ben disposti ad ascoltarmi, io parlo.” : ciò che disse Gesù nel Colloquio interiore con Suor Maria della Trinità, una donna che iniziò il suo percorso spirituale dopo le tante vicissitudini della sua vita che la portarono a dire: “Dio non c’è”, ma che si rese conto, poi, del contrario attraverso la preghiera ed il suo afflato interiore.
Ancora una volta don Gianni ci propone un’analisi profonda che, sebbene sia legata ad un fatto accaduto molti anni fa, rimane sempre di attualità. Buona lettura. (Alessandro Gianmoena)
Anche a Genova, come in Inghilterra e in Spagna, alcuni autobus porteranno in giro una singolare pubblicità: l’annuncio che “Dio non esiste”. Questa è presentata come una “cattiva notizia” dallo slogan stesso, ed affiancata a quella “buona”: “Possiamo farne a meno”. L’iniziativa inglese era al tempo stesso più chiara e più moderata: poneva la non esistenza di Dio come una possibilità, come un “forse”. Ma il messaggio era netto: “Godete la vostra vita”.
L’aspetto interessante di questa iniziativa è che propone un ateismo leggero, legato al sentimento di poter decidere la propria vita con la sola propria responsabilità. Ma il linguaggio è indicativo: il termine laico di “responsabilità” implica sempre un “altro”, quello dinanzi a cui si è responsabili. Si può dire che questo è l’altro uomo, ma in realtà l’altro uomo non è interiore a noi stessi, non ci giudica.
Dio è la sola realtà che, grazie alla memoria cristiana, è divenuto interiore all’uomo ed ha creato la dimensione occidentale della coscienza. Questa non è altro che il vincolo interiore della persona con Dio, un vincolo visto come più forte dell’impegno politico-sociale. La coscienza occidentale è l’origine della libertà occidentale: la differenza della persona rispetto alla società. Senza riferimento a Dio, la coscienza diviene decisione e la decisione senza coscienza è il peso maggiore che possa essere dato all’uomo: quello di essere il solo regolatore di se stesso.
Il vantaggio dell’ateismo leggero è che un ateismo irreligioso, mentre l’ateismo è esistito come religione. Il comunismo sovietico è stato l’espressione perfettamente religiosa di un ateismo reale. Questa forma è finita, anche se l’idea di una religione atea, di un ateismo come religione, è ancora diffusa, e vi sono le leghe atee che chiedono di essere riconosciute dallo Stato italiano come forma religiosa ammessa all’otto per mille.
L’ateismo leggero presenta dunque qualche vantaggio rispetto alle forme religiose di ateismo: l’invito a godersi la vita è un invito innocente, che non suppone militanza né passione. Quando i genovesi vedranno passare gli autobus con la scritta sul Dio che non esiste saranno spinti a interrogarsi se credono in Lui oppure no.
La fede in Dio è più diffusa di quanto si creda e di quanto si professi. La fede è implicita, nascosta sotto altri pensieri. Il meglio che possa fare un predicatore è quello di estrarre la fede implicita dall’indifferenza in cui è avvolta. Forse le scritte sugli autobus saranno gli insospettabili predicatori per coloro che scoprono di credere in Dio e non sapevano di farlo, dei credenti anonimi che si nominano.
Inviato a “Il Secolo XIX” il 13 gennaio 2009
Dal 2009 ad oggi la situazione è a dir poco precipitata.
Non si parla più di ateismo, coscienza o libero arbitrio. L’uomo non si pone nemmeno più come unico interlocutore di se stesso semplicemente e tristemente perché non esiste più l’uomo o meglio non esiste più l’uomo nella sua diversità esistenziale e nemmeno nella sua passione politica e sociale.
Che fare perché ci si possa almeno riappropriare di questi orizzonti? C’è ancora qualcuno capace di risvegliarci da questo sonno profondo?
“non esiste più l’uomo nella sua diversità esistenziale e nemmeno nella sua passione politica e sociale.
Che fare perché ci si possa almeno riappropriare di questi orizzonti? C’è ancora qualcuno capace di risvegliarci da questo sonno profondo?”
Se pensiamo al mondo di dieci anni fa, i popoli erano vittime di un sonno profondo, immersi in una realtà culturale, politico, sociale ed economica che non gli permetteva di guardare oltre le pareti di un sistema di potere. Oggi, invece, assistiamo ad un risveglio: milioni di persone nel mondo hanno aperto gli occhi e ciò accellera un cambiamento che è già in atto in ambito politico, sociale, economico e religioso. Il problema che poni è centrale per il futuro non solo del nostro Paese, ma per i popoli del mondo.In questo periodo storico conta la geopolitica attraverso i rapporti di forza tra le superpotenze che plasmano un nuovo mondo multipolare post globalizzazione. Ciò determinerà un peso maggiore del ruolo dello Stato ripetto alle organizzazioni internazionali sia pubbliche che private e la politica ritornerà ad avere un sua ragione nella storia dei popoli. Oggi il pensiero politico è morto e l’arte del governo della polis si fonda solo su un meccanismo di rapporti di forza ed interessi tra lobbies, tra classi dirigenti, tra Stati e organismi internazionali. La difficoltà è nel creare un nuovo linguaggio politico che possa porsi come alternativa allo status quo, certamente, ma chi fa la storia spesso non la pensa e le persone che si stanno risvegliando da questo sonno profondo, come tu lo intendi, agiscono nel quotidiano e lo cambiano e sono inseriti nella realtà più di quanto non lo sia buona parte della nostra classe dirigente. Benchè i tempi che ci aspettano siano difficili, ritengo che questo mondo spesso distopico sia destinato a finire.