Terza domenica di quaresima

Es 20, 117
Sal 18
1 Cor 1, 2225
Gv 2, 1325

 

Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”.
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le anfore”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”.
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Dopo questo fatto scese a Cafàrnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni.
Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti
e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

Gesù si manifesta senza il velo delle parabole

La liturgia legge il Vangelo secondo Giovanni, il Vangelo in cui Gesù manifesta sé stesso senza il velo delle parabole, il Vangelo della divinità del Cristo. In questo Vangelo il significato conta più dell’avvenimento, l’avvenimento è il quadro in cui accade la rivelazione del Figlio di Dio. Ciò si percepisce chiaramente anche nel brano che viene letto nella terza domenica di quaresima. Gesù, nel suo primo viaggio a Gerusalemme, sale al tempio e vede in esso i venditori degli animali destinati al sacrificio.
Nel tempio venivano compiuti sacrifici di animali, principalmente in questo consisteva l’azione sacra: la presenza di buoi, di pecore, di colombe era del tutto conforme alla sacralità del tempio. Gesù si fabbrica una frusta con delle corde e scaccia i venditori gridando: «Portate queste cose via, non fate della casa di mio Padre un mercato». Questo è l’avvenimento.
Il messaggio che esso reca con sé non è la purificazione del tempio, è la contestazione del sacro. Il tempio di Gerusalemme non è la casa dove abita il Signore. Gesù contesta l’ebraismo alle radici. Tuttavia la reazione dei giudei è circospetta: «Che segno ci dai (per provare) che puoi fare questo?». La risposta di Gesù è sconvolgente: «Buttate giù questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Accenna alla possibilità di un miracolo. La fama di Gesù come operatore di miracoli doveva essere nota a Gerusalemme e, per questo, i giudei lo prendono alla lettera: «Ci vollero quarantasei anni per edificare questo tempio e tu lo farai risorgere in tre giorni?».
È l’evangelista a rivelarci il messaggio, del tutto incomprensibile ai giudei: «… ma egli parlava del tempio del suo corpo». I destinatari del messaggio sono i discepoli: «Dopo che Gesù era risorto dai morti, essi ricordarono le parole che Gesù aveva detto».
Il corpo di Gesù è il vero tempio, in esso abita «la pienezza della divinità». Non esistono più tempo o luogo sacro: la relazione di amore della persona con Gesù è la relazione di amore con Dio. L’amore sostituisce il sacro. La mistica compie la religione. Nel cristianesimo sacro e religione rimangono come strade da percorrersi, come vie alla pienezza della divinità che abita nel Cristo. La relazione della persona umana alla persona del Figlio di Dio pone l’eternità nel tempo e il tempo nell’eternità.
Questo brano di Giovanni può intendersi come riferimento all’eucaristia. Esso può essere messo in riferimento al discorso eucaristico del capitolo sesto di questo Vangelo, in cui Gesù afferma che «il suo corpo è veramente cibo e il suo sangue è veramente bevanda»; esso conferisce agli uomini la vita divina, la vita eterna. Giovanni spiega l’eucaristia, ma non la annuncia: per questo il senso eucaristico del presente Vangelo è latente, ma non detto.
I miracoli accompagnano questo primo soggiorno a Gerusalemme, lasciando interdetti i giudei, che non riescono a collegare le parole sfuggenti di Gesù con i suoi atti reali. Ci prepariamo così allo scontro dell’ultima Pasqua, quando i giudei avranno finalmente compreso il messaggio di Gesù e lo avranno respinto. La liturgia ci conduce verso l’acme del triduo Pasquale.

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