14 luglio 2024
Quindicesima domenica del tempo ordinario
Am 7, 12-15
Sal 84
Ef 1, 3-14
Mc 6, 7-13
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo
Il miracolo? Può accadere nell’Africa «naturale» o sulle nostre strade
Il brano del Vangelo di Marco che si legge in questa domenica, indica la prima distinzione tra Gesù e i dodici. Con la sua autorità vengono inviati a compiere un segno miracoloso: cacciare i demoni e guarire dalle malattie. Non è chiesto a loro alcun annuncio, nessuna parola: Gesù solo insegna. I discepoli vengono inviati non per dare un messaggio, ma per suscitare una domanda: perché, come avvengono tali cose? Chi può comandare ai demoni? Chi può guarire le malattie, considerate allora opere dei demoni?
Un altro segno è l’abbigliamento dei discepoli, che è curiosamente prescritto da Gesù: possono avere sandali e bastoni, ma non due tuniche, non bisaccia, non denaro. Essi non hanno denaro o viveri perché devono essere accolti da coloro che beneficiano. Coloro che li rifiutano vengono trattati come gli ebrei trattavano i pagani quando, allontanandosi dalle terre pagane e rientrando nella terra sacra di Israele, scuotevano la polvere dai piedi.
Infine, l’approccio di Gesù è realista: se coloro che vengono liberati dai demoni o guariti dalle malattie non accolgono nelle loro case i loro benefattori, non hanno avvertito il messaggio, non sono stati provocati da esso, non chiedono il significato dei benefici ricevuti. È passato l’angelo vicino a loro e non Io hanno sentito, lo spirito umano non si è interrogato, le loro mani hanno incassato ingordamente il beneficio.
Oggi si chiede spesso se le guarigioni siano un segno perenne del cristianesimo: vi sono gruppi e movimenti che chiedono, e talvolta ottengono, la grazia della guarigione come frutto di una preghiera comune. Il miracolo è un segno del cristianesimo? A questa domanda, il Vangelo e il Nuovo Testamento ci invitano a rispondere di sì.
Certo, i miracoli sono rari, la via divina li usa come segni, quindi come eccezioni, ma nella Chiesa di Dio i miracoli ci saranno sempre. La fede non è accessibile con la sola ragione, essa nasce da un movimento dello spirito in noi, della parte della nostra anima in cui Dio è presente come creatore e come salvatore.
Dio può convertire chi vuole solo con la potenza della attrazione interiore. Non lo fa sempre, perché non tutti, forse nemmeno molti, sono attirati sulla via della fede viva, che è un grande dono ma anche una responsabilità, una particolare assimilazione al Cristo nella sua sofferenza redentrice. Ma il Signore può, alle volte, dare ai sensi, questa parte così dominante nell’uomo, la gioia di vedere un miracolo.
Ciò avviene nei popoli che hanno un rapporto con la natura meno razionalizzato e tecnologizzato del nostro. Avviene in Africa, dove c’è l’idea che la malattia sia opera di uno spirito maligno, di uno stregone, di un vicino invidioso. È accaduto che, proprio lì si verificasse in un vescovo (il vescovo Milingo) il segno della guarigione ottenuta attraverso la preghiera.
Un cristiano, innanzi alla malattia, può chiedere sempre il miracolo, come può chiederlo in altre circostanze della vita. La fede cristiana ci annuncia che siamo parte non solo della Chiesa sulla terra, ma della Gerusalemme celeste, del mondo umano in Dio, il mondo che attende nell’eternità la risurrezione e che ci soccorre. Come santa Teresa di Lisieux, i santi desiderano passare il loro paradiso soccorrendoci.
La fede negli angeli è destinata a chiederci di sperare, di credere nel loro aiuto. Tecnologizzati, ricreati dai miracoli della tecnologia, dimentichiamo il soccorso degli angeli e dei santi, non ci ricordiamo della eternità divina e umana che ci avvolge.
Questo Vangelo ci invita a ricordare che il Signore si cura di noi, che vive con noi il nostro quotidiano, che soffre i nostri dolori, è presente nei nostri drammi. Gli angeli circolano nelle nostrestrade divenute, tante volte, a causa della velocità e dell’ebrezza, vie di morte.
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