Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 1,29-34

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Parola del Signore.

Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

Is 49, 3, 5-6
Sal 40
1 Cor 1, 1-3
Gv 1, 29-34

Il mondo è pieno di dolore innocente

Il Vangelo di questa domenica ci narra del dolore: la più umana e la più forte delle esperienze. Giovanni il Battista parla di Gesù come Agnello di Dio, che prende su di sé i peccati del mondo. Il riferimento è al profeta amato dal Battista, Isaia. Il profeta ha descritto una figura singolare di un uomo scelto da Dio, amato da lui, eppure, appunto per questo, umiliato e ucciso, condotto al macello come un agnello mansueto.

Questa figura sembra contraddire tutto un filone di pensiero dell’Antico Testamento in cui il giusto è ricompensato da Dio con benedizioni terrene. Il Messia è il re d’Israele, e Davide, il suo capostipite, è una figura di potenza. Ma qui abbiamo la connessione dell’elezione divina e di un compito di unificazione di tutti i popoli unito alla sofferenza e alla morte. Questa figura del servo di YHWH, del servo di Dio, è per i cristiani la profezia del Cristo. Qui nel racconto del Vangelo secondo Giovanni, il Battista indica che già alla co-scienza di Gesù è presente questa figura. Non è sulle immagini di gloria ma su questa misteriosa immagine, in cui la gloria di Dio è connessa alla umiliazione e alla morte, che egli inaugura il suo cammino. E così ci troviamo di fronte a un problema antico quanto il mondo: la sofferenza dell’innocente.

Ivan Karamazov afferma, in un celebre testo di Dostoevskij, che egli rifiuta di accettare un mondo in cui esiste il dolore innocente, fosse pure solo il pianto di un bambino massacrato. Il mondo è pieno di dolore innocente e vi è ben più nel mondo del pianto di un bambino. Potremo mai renderci conto del perché della violenza su coloro che non si difendono, che non fanno alcun male? In realtà non vi è risposta a questa domanda.

Il Vangelo di Giovanni ci ha detto nel tempo di Natale più volte (tanti anni fa era letto in latino alla fine della messa), che Gesù è il Figlio di Dio, l’Unigenito del Padre: ora ci dice che il Figlio di Dio è un sofferente innocente. Dio viene nel mondo in questa forma. Questo ci dice il Battista quando insegna che il Figlio di Dio è l’Agnello di Dio e che su di lui, innocente, scendono i peccati del mondo. Ma non bastava questa vittima? Tanti altri innocenti, milioni e milioni, sono stati sacrificati dopo Gesù.

La tradizione ebraica ha visto in questa figura il popolo di Israele, anche perché con tale nome, in uno dei canti di Isaia, il servo di YHWH è così chiamato: e anche questa sto-ria del popolo ebreo evoca una sofferenza innocente, quella dei campi di sterminio e di una dolorosa antica storia di persecuzioni. Tuttavia il canto del servo termina sempre con un inno di gloria, che dopo il Cristo leggiamo come il gesto di Dio, la risurrezione di Gesù.

Ciò significa che dentro la sofferenza innocente è nascosta la potenza divina, che costruisce la città eterna e la città temporale, la vita eterna della persona in Dio e la vita temporale degli uomini sulla terra. Senza la prima non vi è giustizia, perché nessuna persona può essere il prezzo della pace sulla terra. Solo la vita eterna di Dio può essere una risposta alla sofferenza innocente. Senza la seconda non vi è speranza, perché è infine in questa grande storia comune terrestre che vorremmo vedere la luce.


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