Domenica di Pasqua: Risurrezione del Signore
Gen 1,1-2,2
Sal 104
Gen 22, 1-18
Sal 16
Es 14, 15-15,1
Es 15
Is 55, 1-11
Is 12
Bar 3,9-15.32-4,4
Sal 19
Ez 36, 16-28
Sal 42
Rm 6, 3-11
Sal 118
Lc 24, 1-12
At 10, 34a.37-43
Sal 118
Col 3, 1-4
Gv 20, 1-9
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo
Incredibile risurrezione centro di una fede così difficile da credere
Il Vangelo che leggiamo oggi è il Vangelo per eccellenza, il Vangelo della risurrezione. La risurrezione è a un tempo il fondamento della nostra fede e il suo oggetto. Ciò vuol dire che l’annuncio della risurrezione ci muove a credere e in questo crediamo anche che essa sia veramente avvenuta. In questo sta il paradosso della fede, che crede ciò che la motiva e la fonda.
La risurrezione di Cristo non è una evidenza in sé stessa, proprio perché essa non è un principio razionale o una esperienza sensoriale. Noi conosciamo la risurrezione attraverso i testi del Nuovo Testamento. Ascoltiamo la testimonianza degli apostoli, attraverso il testo dei Vangeli, degli Atti, delle lettere apostoliche. Non siamo fortunati come Tommaso, ma per questo Gesù ci ha chiamato beati: «beati quelli che non vedono eppure credono».
La storiografia è sempre una esperienza incerta, perché si fonda non sulla esperienza degli eventi, ma sulle loro tracce: non si basa mai su evidenze incontrovertibili. Molto spesso il testimone è unico: Cesare è l’unico testimone delle sue guerre galliche e sui germani prima delle invasioni barbariche sappiamo solo quello che ne ha scritto Tacito. Noi riceviamo solo dei testi credenti, il Nuovo Testamento è fatto di testimonianze che evangelizzano, annunciano la fede: sono quindi opera di testimoni della fede nella risurrezione, non degli osservatori spassionati di un fenomeno.
Il caso della risurrezione di Cristo è poi la testimonianza su un avvenimento estremamente improbabile e la cui accettazione investe il senso della vita. Non si tratta dei Commentari di Cesare né della Germania di Tacito. L’argomento migliore per difendere la ragionevolezza (non la razionalità) dell’atto di fede sta proprio nella sua estrema improbabilità.
Che Gesù sia stato crocifisso, (la croce era la pena di morte degli schiavi e dei ribelli), è un fatto non incredibile, anzi è assai probabile. Recentemente i resti di un crocifisso scoperto in Palestina ci hanno reso visibile il modo della morte di Gesù. E il fatto della crocifissione rende ancora più improbabile la credibilità della risurrezione. Proprio questo è un argomento classico dell’apologetica cristiana.
La risurrezione di Cristo era incredibile molto più nei tempi che immediatamente la seguirono che non nei giorni nostri. Ne abbiamo la prova nello stesso Nuovo Testamento. Quando ad Atene, Paolo, che aveva tenuto a lungo l’attenzione della patria della filosofia finché parlava di monoteismo, fu abbandonato non appena annunciò la risurrezione di Cristo «Su ciò ti ascolteremo un’altra volta», fu il commento sprezzante degli ateniesi.
Paolo stesso scrivendo ai corinti annuncia i termini della difficoltà: «I greci cercano la sapienza, i giudei la potenza: noi predichiamo Cristo crocifisso». I giudei che credevano nel Messia (non tutti vi credevano) lo pensavano come un Messia di potenza. I greci cercavano, spiegasse la realtà con il pensiero. Niente era più improbabile che la prima generazione cristiana. il suo annunzio era, come dice Paolo, l’annuncio della «stoltezza» e della «debolezza»: di Dio. Un Dio crocifisso dai romani!
Per noi è più facile credere che un fatto così improbabile alle sue origini abbia cambiato la storia del mondo perché così è realmente accaduto. Non è una forza umana quella che ha indotto i credenti ad accettare la testimonianza apostolica. All’inizio, come raccontano gli Atti, li credevano ubriachi. La fede è un atto libero e, per il credente, un dono divino: è infusa dallo Spirito Santo. «Nessuno – dice Paolo – può dire Gesù è il Signore, se non n io Spirito Santo». Ma chi crede nella possibilità del bene, crede implicitamente nella risurrezione di Cristo. Le vie divine sono infinite.
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