Dal Vangelo secondo Giovanni 20,1-9

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

Gen 1,1-2,2
Sal 104
Gen 22, 1-18
Sal 16
Es 14, 15-15,1
Es 15
Is 54, 5-14
Sal 30
Is 55, 1-11
Is 12
Bar 3, 9-15.31-4,4
Sal 19
Ez 36, 16-28
Sal 42
Rm 6, 3-11
Sal 118
Mt 28, 1-10
At 10, 34a.37-43
Sal 118
Col 3, 1-4
Gv 20, 1-9

Gesù pasquale dei Vangeli adesso è diventato nostro modello interiore

Il Signore è risorto: «La morte è assorbita nella vittoria. Dove è, morte, il tuo pungiglione?», si chiederà l’evangelista per eccellenza della risurrezione, l’apostolo Paolo. I cristiani della prima generazione si domandavano perché i cristiani morissero, se il Signore aveva vinto per tutti la morte. E la risposta di Paolo ai fedeli di Tessalonica fu che anche i morti sarebbero risorti, quando la risurrezione avrebbe investito i cristiani ancora in vita, tra cui Paolo sperava di potersi ancora collocare.

Solo più tardi nel Nuovo Testamento appare la nozione di una vita eterna dell’anima senza il corpo, così come quello di un regno di Dio che vive all’interno di una storia dominata dal potere e dalla violenza, di cui Satana rimane il principe.

«Desidero essere sciolto (dal corpo) e essere con Cristo», scrive Paolo più tardi. La risurrezione vive dentro il tempo e la storia: il corpo risorto dei Cristo abita la carne mortale, di lui i cristiani si nutrono nell’eucaristia. Rimane così, nella luce della risurrezione, la «noche obscura», descritta da san Giovanni della Croce.

Il Gesù prepasquale dei Vangeli, che interessava poco le entusiaste comunità paoline, è divenuto il nostro modello, la nostra stessa immagine interiore. La figura di Gesù che i secoli cristiani conoscono non è quella del Risorto ma quella del Crocifisso. Rimaniamo così nel regime della fede. «Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno», dice Gesù risorto all’apostolo Tommaso, che ha pure invitato a mettere le dita nel costato.

La risurrezione di Cristo vuol dire così che Dio fiorisce nel nostro corpo e nella nostra anima, diviene il desiderio del nostro desiderio, il punto focale del nostro sguardo. Beati quelli che credono perché sono trasformati dalla «notte oscura» nel Figlio di Dio.

«Notte che mi hai guidato,
notte più compiacente dell’aurora,
O notte che hai legato
all’amato l’amata,
l’amata nell’amato trasformata!»

(san Giovanni della Croce, nella traduzione di A. Capocaccia).

Questa è la notte Pasquale cui siamo invitati. Non è importante che Dio sia l’oggetto del nostro amore. La notte ignora tutto, salvo una cosa, la potenza del desiderio e dell’amore che la pervade: Dio è l’amore puro, senza oggetto e con tutti gli oggetti.

Dio è l’amore di tutti coloro che amano; l’amore in cui si dimenticano.

«Mi lasciai, mi scordai
il viso reclinai sopra l’Amato.
Tutto cessò, posai,
ogni pensiero ormai
avendo in mezzo ai gigli abbandonato».

Oltre la croce, vi è la risurrezione, oltre la fede vi è l’amore, l’amore divino che si diffonde per ogni cuore umano. Se Satana domina ancora i regni della terra e vediamo il suo volto nell’odio per l’uomo, di cui la tragedia bosniaca e la viltà europea sono un terribile indissolubile sacramento, la vita del Risorto circola nella notte oscura in ogni cuore.

Mi impressiona talvolta il cadere della memoria cristiana nella generazione più giovane, nonostante tante offerte di istruzione nella fede. E come se alla fede essi fossero divenuti impermeabili, nonostante un crescente desiderio del divino che circola anche nelle canzoni. Ma l’amore non è legato.

Per questo la più bella figura della storia della risurrezione è la Maddalena, del cui amore ardente, così evidentemente totale, le Chiese si sono vergognate (come del Cantico dei cantici, che singolarmente la liturgia cattolica legge solo nella sua festa).

In questi tempi in cui l’amore corre, ma la fede stagna occorrerà meditare di più questa figura di puro amore, di bell’amore. Non è un pensiero tradizionale, ma nemmeno anomalo il riflettere che, nel Vangelo, Maria di Nazareth è la figura della pura fede, Maria Maddalena è la figura del puro amore. Della prima conosciamo tutto, e talvolta in modo indiscreto, della seconda troppo poco.

Se una è il volto dell’incarnazione e del compimento di Israele, la seconda è il volto della risurrezione e del compi-mento della Chiesa.


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