9 Febbraio 2025
Quinta domenica del tempo ordinario
Is 6, 1-2a.3-8
Sal 138
1 Cor 15, 1-11
Lc 5, 1-11
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo
Gesù ama coloro che non lo amano
Il Vangelo di oggi ci parla della Chiesa. Gesù sale sulla barca di Simone e dalla barca predica alla folla. Lo fa intenzionalmente, perché prima predicava sulla riva. Fa corpo con la barca rispetto alla folla che si pressa attorno a lui per ascoltarlo. Poi dice a Simone di andare alla pesca. «Presero una quantità di pesci e le reti si rompevano». Simon Pietro si getta alle ginocchia di Gesù dicendo: «Signore, allontanati da me, io sono un peccatore». E Gesù gli risponde: «Non temere, d’ora innanzi sarai un pescatore di uomini».
La scena ha costruito la barca di Pietro come immagine della Chiesa. E Pietro è il simbolo della Chiesa: è un peccatore, e Gesù affida la Chiesa a un peccatore. Egli non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori, dice Gesù in un altro punto del Vangelo. La Chiesa non è dunque il luogo dei giusti, ma dei peccatori. Per questo è oggetto di fede.
Diciamo infatti nel Credo che si recita durante la messa, di credere nella Chiesa. Se la Chiesa fosse il luogo dei giusti, si vedrebbe che Dio abita in essa. Ma è il luogo dei peccatori, e per questo solo la fede ci dice che essa è il Corpo di Cristo. Nel Vangelo la comunità che Gesù raduna non è affatto diversa dal tipo di gente a cui essa è inviata. Gli apostoli, i discepoli e gli abitanti della Galilea sono della medesima pasta, l’uno non si distingue dall’altro.
La Chiesa è eminentemente mondo. Ciò che non è mondano nella Chiesa, ciò che appartiene alla realtà divina può essere visto solo mediante un dono dello Spirito. È lo Spirito che manifesta la Chiesa ed è lo Spirito che la costruisce. Perciò i difetti, le colpe, i ritardi storici della Chiesa sono visibili, sono sempre visibili. Di una cosa sembra che lo Spirito si preoccupi, che la Chiesa non appaia troppo perfetta. Non c’è il rischio, si dirà.
Se i doni dello Spirito operassero nei cristiani secondo tutta la loro potenza, il rischio ci sarebbe eccome. Ma lo Spirito, che ha pur fatto la Chiesa «madre dei santi, immagine della città superna», come dice il Manzoni, non ha mai permesso che essa apparisse diversa dalla comune realtà degli uomini. Bisogna capire Dio per intendere il mistero della Chiesa, per questo la Chiesa è l’ultimo articolo del Credo.
Lo Spirito non vuole che i cristiani siano troppo più virtuosi degli altri uomini, per questo molto spesso accade che lo siano un po’ di meno. Ma Gesù affida la Chiesa a un peccatore: egli non guarda solo ai cristiani, ma a tutti gli altri. Vuole che tutti, credenti e non credenti, si sentano amati con il medesimo amore.
Per questo la Chiesa cattolica ha sempre temuto coloro che volevano essere troppo perfetti: lo temette anche in san Francesco. Occorre ammirare lo zelo con cui il cardinale Ugolino, poi papa Gregorio IX, scoraggiò tutti gli sforzi di Francesco per una povertà troppo perfetta. E i perfezionisti della povertà, i «fraticelli» furono condannati dalla Chiesa, con una lotta che durò più di un secolo.
Così accadde con i beghinaggi, che ci hanno dato una così bella tradizione mistica. Per chi ha la fede, i difetti della Chiesa indicano che Dio ama i peccatori. I suoi ritardi storici dicono che il Signore non abbandona l’ultimo vagone, il meno veloce, il più tardo.
Questa è la pazienza divina, che non si può chiedere agli uomini. Per questo lo Spirito non abbandona mai la sua Chiesa senza segni. E quando essa sembra stia per crollare, sfinita dai limiti morali e dalle colpe storiche, trova sempre il modo di darle un segno di vita, magari nella forma più inattesa. Abbiamo contato negli ultimi anni il crescere dei cristiani in Cina e il massacro intercattolico nel Rwanda.
Mentre vent’anni fa la Chiesa sembrava cadere sotto i colpi del moderno e della secolarizzazione, che la colpiva dall’interno, oggi vediamo il moderno esaurirsi e la Chiesa cattolica dare il suo segno storico bimillenario: quello dei martiri. Anch’essi peccatori, certo. Ma infine, santi.
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