28 luglio 2024
Diciassettesima domenica del tempo ordinario
2 Re 4, 42-44
Sa 144
Ef 4, 1-6
Gv 6, 1-15
In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.
Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo
Il buon cristiano deve tenersi lontano dalle tentazioni del potere
La liturgia abbandona il testo di Marco e assume quello di Giovanni: ciò è dovuto al fatto che Marco e Giovanni raccontano il miracolo sul lago di Genèsaret della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Nei due Vangeli il testo assume tuttavia un diverso significato: in Giovanni introduce il discorso su Gesù pane di vita, che verrà sviluppato nelle domeniche successive. Il punto caratteristico del Vangelo di Giovanni è che, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, i partecipanti al miracolo vogliono impadronirsi di Gesù per farlo re.
Questo episodio è noto solo a Giovanni, perché nella tradizione sinottica non vi è cenno di questo punto terminale del ministero di Gesù in Galilea. Ma come si giustificherebbe tutta la successiva accusa a Pilato da parte dei capi giudei, se veramente un movimento di messianismo politico non si fosse concentrato attorno a Gesù?
Gesù rifiuta il messianismo politico, ma dopo di lui ci sono stati dei re cristiani. Non vi è tuttavia nessuna grande figura politica cristiana che non sia segnata dall’ambiguità o dalla sconfitta. San Luigi di Francia è un re canonizzato, ma fu tutt’altro che un re fortunato, le sue crociate finirono in sonore sconfitte.
Gli imperatori cristiani romani furono a un tempo un bene e un male per la Chiesa, nessuno, nemmeno Teodosio, è divenuto santo. È vero che la Chiesa spesso non canonizza nemmeno la grandezza spirituale, grandissimi mistici sono fuori dell’onore degli altari, ma questa è un’altra ragione. San Tommaso d’Aquino scrive che la grandezza del re santo è maggiore di tutti gli altri santi, perché la santità politica è la più difficile.
Le vicende politiche italiane del cinquantennio ci dicono di questa difficoltà. Eppure non è possibile al cristiano essere indifferente alla città, non può accettare che il potere rimanga in mano alla cupidigia, alla violenza, all’ambizione. Non può tentare e forse non può riuscire.
Ma non è del resto anche l’insegnamento della tradizione greca, il destino tragico dell’eroe? La storia non è fatta dai vincitori. I vincitori totali fanno paura. Il potere totalitario, il potere senza limiti, è il segno dell’Anticristo. Il culto dei re è ancora oggi, come nei giorni dell’Apocalisse di Giovanni, il vero avversario ideale e spirituale del cristianesimo.
Chi ha visto le esequie di Kim Il Sung e il pianto del popolo coreano ha visto la potenza del culto dei re; e non è così per i grandi tiranni di questo secolo, sul modello di Hitler o di Stalin? Il Cristo ha scelto di governare i cuori, non gli stati. Per sua parte ha scelto la gente comune, il popolo, i suoi pescatori, quelli che non contano nulla e ha dato loro di divenire figli di Dio, di conoscere non il sapore del potere temporale ma il gusto della vita eterna.
L’assenza del nome cristiano nella politica italiana è un’occasione per la libertà spirituale dei cristiani, nel comprendere che essi non sono contro il potere, perché ne riconoscono la legittimità, ma servono un uomo che, Figlio di Dio, è fuggito quando cercavano di farlo re perché aveva dato da mangiare alla folla.
Se avesse accettato, avrebbe obbedito all’«intelligentissimo spirito» (Dostoevskij) che, nel deserto gli aveva suggerito: «Se sei figlio di Dio, di’ a queste pietre che diventino pane». Il consiglio di Satana conduceva al potere; Gesù non ha disprezzato il potere, ma non ha seguito il consiglio. Dalle conseguenze del suo gesto, che pareva riecheggiare le parole del tentatore, egli si è sottratto la fuga. Dando così un esempio ai cristiani.
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