Seconda domenica dopo Pentecoste:
ss. Corpo e Sangue di Cristo

Es 24, 38
Sal 115
Eb 9, 1115
Mc 14, 1216.2226

Il primo giorno degli àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Commento al Vangelo della Domenica di don Gianni Baget Bozzo

È Corpus Domini e l’uomo si unisce al Corpo di Cristo

La liturgia celebra la festa del Corpo e del Sangue del Signore. Ci si può domandare: perché una festa della eucaristia, se essa è celebrata ogni giorno ed è l’incontro dei fedeli ogni domenica? Lo scopo della festa è quello di ricordare ai cristiani che nelle figure del pane e del vino è presente Gesù Cristo. La fede insegna che Dio è presente in ogni realtà.
La fede insegna che egli è presente in noi stessi, membri del suo corpo universale, uniti a lui dal nostro corpo e dalla nostra anima, che comunicano con il suo corpo, la sua anima, la sua divinità. Ma la festa vuole sottolineare il modo in cui diveniamo una sola cosa con il Cristo. Non è solo una unione intellettuale o mentale, una comunanza di intenzione, di spirito, d’amore. Non è qualcosa che riguardi solo o principalmente la mente dell’uomo. La festa del Corpo e del Sangue del Signore vuole insegnarci che noi siamo «concorporali» con Cristo, che siamo uniti a lui attraverso il nostro corpo. Cristo è presente nell’eucaristia per unirci a lui come una sola realtà corporea.
La fede cristiana non riguarda solo, e nemmeno principalmente, la mente e l’anima, come disse splendidamente, contro l’eresia gnostica, nel secondo secolo, s. Ireneo di Lione. Essa riguarda il corpo, che diviene comunicante con il corpo risorto del Cristo. Caro salutis cardo, la carne è il cardine della salvezza, scrive nel terzo secolo Tertulliano. La vita risorta del Signore scende in noi e prepara il nostro corpo alla risurrezione.
La fede ci insegna che, dopo la morte, l’anima ha la visione di Dio e aderisce a lui con il suo amore, se ha amore. Ma l’anima per il cristiano è legata al corpo, ne costituisce l’identità, essa è come il seme del corpo glorioso. L’anima della fede non è l’anima di Platone, aliena dalla materia, cittadina del mondo immateriale. Non c’è nella fede cristiana la barriera tra spirito e materia, propria del mondo greco, ma piuttosto continuità. Il Cristo con il suo corpo glorioso, che è oltre i limiti dello spazio e del tempo, e unisce noi a lui, ci porta con sé oltre i limiti dello spazio e del tempo. Questa è la vita eterna di cui parla il Vangelo di Giovanni.
La festa del Corpo e del Sangue del Signore è stata istituita per ricordare ai cristiani che il corpo risorto del Cristo è presente nelle figure sacramentali del pane e del vino, realmente, non simbolicamente, per infondere a noi la vita eterna.
Alla festa del Corpo e del Sangue del Signore dobbiamo una forma spirituale di grande importanza: l’adorazione, individuale o comunitaria, del Signore presente nelle figure sacramentali nelle nostre chiese. Nata dal movimento mistico dei beghinaggi nell’attuale Belgio, a Liegi, sotto l’impulso di Giuliana di Mont Cornillon, la festa ha creato un rapporto di adorazione e di amore nelle chiese cattoliche, che ne ha fatto il luogo di una mistica diffusa. Valga per tutti il celebre episodio del contadino che guardava in silenzio il tabernacolo e a cui il Curato d’Ars chiese come pregasse: «Lui mi guarda, io lo guardo», rispose il contadino.
La festa del Corpus Domini, come era chiamata in passato, era una festa politica e sociale: era celebre la processione di Vienna cui partecipava l’imperatore d’Austria, per affermare la cattolicità dell’impero asburgico. Di qui la processione, che è parte della festa. Ma è importante non vada perduta l’adorazione silenziosa, che conduce all’esperienza della vita divina in noi, «concorporali» del Figlio Unigenito mediante il suo corpo e il suo sangue.

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