Pubblichiamo una riflessione sempre attuale sulla Costituzione italiana di don Gianni Baget Bozzo pubblicato dalla rivista di approfondimento politico Ideazione nel lontano 2000.
Sono trascorsi più di venti anni, ma la necessità di un “aggiornamento” della Carta costituzionale è sempre più necessaria, poichè le problematicità che don Gianni evidenziò si sono acuite in un contesto globale dove lo Stato-nazione ha perso sempre più la sua “potestas”.
Lontana nel tempo la Costituzione italiana, che porta i segni delle condizioni culturali e storiche in cui è nata. Il problema da porsi oggi è questo: che volto dovrebbe avere una Costituzione italiana nel tempo della globalizzazione e dopo la fine della cultura comunista in cui si compieva la lunga vicenda del pensiero moderno della dissoluzione dell’umano all’interno dello Stato, organo della ragione? Ci vorrà del tempo per capire che la Costituzione italiana è ormai un caput mortum, e che solo la sinistra ha interesse a tener vivo perché è il residuo della propria memoria storica. Ma infine il problema costituzionale è mutato, perché è finita la grande categoria europea della rivoluzione. La Costituzione moderna la istituzionalizzazione della Rivoluzione.
La Rivoluzione è il modo per rompere con un passato ormai divenuto invivibile in contrasto con lo sviluppo della cultura delle forze sociali e politiche del paese. Tutti i concetti politici della Costituzione sono la negazione del modo in cui la figura dell’uomo e della società era concepita nel passato. La Costituzione è un fatto rivoluzionario perché pone lo Stato come realizzatore del progetto rivoluzionario attraverso i poteri coercitivi. Lo Stato nasce allora come concetto, pieno, superando il potere personale legato allo status culturale e sociale. Diviene l’incarnazione della società espressa nel concetto rousseauviano di volontà generale
Oggi il problema della legittimità politica è assai diverso. Perché è entrato in crisi proprio la figura dell’oggetto politico fondato dalle Costituzioni: lo Stato nazionale.
Come è ben noto, lo Stato è entrato in crisi come Stato sovrano in funzione dell’estensione delle competenze del diritto internazionale e sopra nazionale e per l’espansione del carattere mondiale della società civile. La società civile nel linguaggio del secolo scorso, è l’economia: e l’economia è ormai mondiale lo Stato nazionale è divenuto ormai incompetente a dare contenuto reale alla nozione di sovranità intesa nel suo senso tradizionale. Non c’è più nello Stato il potere dei poteri. Il supporto storico, delle Costituzioni è finito.
Ma è entrato in crisi anche il concetto di nazione come era stato inteso dallo Stato costituzionale. Nazione è un concetto della Cristianità e riguardava la lingua e la cultura di un popolo vivente nell’area di civiltà e di cultura che costituiva appunto la Cristianità.
Lo Stato costituzionale nasconde il carattere culturale storico della nazione e lo intende come il contenuto dello Stato, lo spazio materiale della sua sovranità. Indica il popolo ed il territorio come l’elemento materiale dello Stato il cui contenuto formale è dato dalla sovranità. Per dirla con altro linguaggio, la nazione divenne un accidente dello Stato :solo lo Stato è sostanza politica. E la sua figura è alternativa a quella di tutti gli altri Stati appunto perché esso si pone come una summa potestas. Ci sono vari Soggetti assoluti nel mondo ed il loro unico principio di relazione è soltanto il conflitto.
Due guerre mondiali europee hanno significato la fine della sovranità nazionale. E la prima forma di organizzazione post Stato sovrano sono stati due imperi: quello americano e quello sovietico. Da quando i due imperi sono finiti, siamo entrati in una nuova condizione, che ha figure incerte. Lo ha soprattutto perché le nazioni cessando di essere incluse nella forma Stato hanno cominciato ad esistere nella loro realtà cioè come nazioni storiche. E ciò ha posto in crisi le nazioni Stato come esistevano dopo la rivoluzione francese. Ed anche come esistevano prima dell’assolutismo che ha governato in forma regia l’Europa dopo la fine delle guerre di religione. Siamo di fronte dunque a nuovi soggetti politici ancora indefiniti ma che hanno dato vita a tanti nuovi Stati nessuno dei quali è più sovrano e che tutti aspirano ad entrare in qualche associazione (Ue, Nato). Ma soprattutto hanno dato origine a richieste di autonomie di popolo e di paese come si davano nella Repubblica romana, la Cristianità medievale. Ciò accade in tutte le nazioni storiche (Spagna, Francia, Gran Bretagna ,Italia, Germania).
Un altro problema nuovo è imposto all’Europa: l’immigrazione. Popoli che non hanno fatto parte della storia europea entrano come lavoratori necessari in Europa. Ci sono popoli che sono soggetti di immigrazione che appartengono in qualche modo all’area culturale europea: sono i popoli cattolici. Il cattolicesimo ha educato i popoli, il protestantesimo no. Ciò vale per l’America del Sud e del Centro, per le Filippine, per molti paesi africani. Ci sono popoli che hanno una cultura diversa ma non militante contro la cultura occidentale: sono i popoli asiatici. Ed altri che hanno una convenzione militante della loro identità religiosa di come i musulmani . Sono tutti i problemi della nuova legittimità.
E che infine dovrebbe rispondere alla prima affermazione della Costituzione dell’48; l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. La definizione risibile allora, oggi insignificante. Ma la questione, è giusta: che cosa è l’Italia? Dovremmo definirle come una unione di popoli, legati alla tradizione romana, al pensiero greco, alla rivelazione cristiana, all’umanesimo occidentale. Dovremmo definire l’Italia come una civiltà prima che come una nazione. E da questo nascerebbero la dichiarazione dei diritti fondamentali la struttura dello Stato. Di cui potrebbe far parte il diritto di secessione, oggi, come si è visto una possibilità astratta. Andrebbero definiti, a partire dalle attuali regioni, i popoli che fanno parte dell’Italia come unione di popoli. Ciò non comporta un debole sistema centrale. Il presidenzialismo anche in forma diversa dal sistema in discussione concepito come un presidente eletto assieme ad un Parlamento: un Parlamento monocamerale, affiancato da un Consiglio delle Regioni.
Tutto ciò è la base di una costituzione per una unione di popoli che non è più uno Stato sovrano e non è più una nazione come spazio della sovranità statale. La costituzione del ’48 è morta nei fatti. Essa può rimanere con le sue astratte garanzie di difesa del cittadino che non si sono rivelate tali (Il CSM , la Corte costituzionale, gli stessi referendum) e che sarebbero sostituiti invece dalla garanzia di libertà offerta dai popoli italiani uniti in Regioni (riformate nei loro attuali confini, superando la forma di regioni a statuto speciale che hanno senso in uno Stato sovrano non in una unione di popoli. Ci vorrà del tempo per rispondere a questi cambiamenti. Quando il momento verrà il mutamento sarà rapido ed irresistibile.
Gianni Baget Bozzo